John e Bill

– Sei proprio un tipo in gamba –  disse John.
– Dammi una mano perdio! protestò Bill.
– Aspetta! – John si tolse il cappotto, faceva freddo, ma non voleva sporcarselo. Appoggiò il cappotto sul tetto della macchina e si avvicinò a Bill. Afferrò per i piedi la donna dentro nel bagagliaio – Come fa a essere così pesante?
– Dai alza – disse Bill – dobbiamo fare in fretta, prima che arrivi qualcuno.
– Sei proprio in gamba Bill – ripeté John – non me la sarei mai cavata da solo.
– Alza dai! – È tutta rigida – Ancora qualche centimetro – Ha perso una scarpa! – Ci pensiamo dopo alla scarpa! – Ecco – Dai!
Dal ponte, nella notte, la donna fu gettata nel fiume. Bill si piegò, raccolse la scarpa da terra e ritornò al parapetto del ponte. John fissava l’acqua sotto di sé, il corpo sparì sotto il ponte e l’acqua ritornò tranquilla. – E adesso cosa facciamo? – chiese John.
– Sta zitto! Merda, arriva una macchina! – Bill gettò la scarpa nel fiume, chiuse il portellone del bagagliaio e prese John per il colletto della camicia: – Se vuoi uscire da questa merda non azzardarti a dire una sola parola! E rimettiti il cappotto, cazzo! – John andò alla macchina e si infilò il cappotto.
– Tutto bene, signori?
Una macchina della polizia si era fermata vicino alla loro. L’agente aveva una torcia elettrica e puntò la luce sul volto di John poi su quello di Bill poi su John di nuovo, infine si agganciò la torcia alla cintura.
– Cosa succede, c’è qualche problema? – chiese l’agente.
– Niente, tutto a posto signor agente – disse Bill.
L’agente si guardava intorno. Era giovane, baffetti, volto rotondo, capelli corti e rasati attorno alle orecchie.
– E’ per via della macchina –  disse Bill – si è fermata, volevamo provare a darle una spinta, ma la strada è in salita.
– Di chi è la macchina ? chiese l’agente.
– E’ del signore… – disse Bill e indicò John – stavamo rientrando a casa quando questo catorcio si è bloccato.
– Bene, lei mi faccia vedere la patente, per cortesia. – Il poliziotto si era rivolto a John. – E lei – rivolgendosi a Bill: – Apra il bagagliaio della macchina.
– Ma certo signore agente – disse Bill – volevo vedere se c’erano dei guanti. Sa, la macchina è sporca e non volevo sporcarmi spingendola. – Bill riaprì il portellone: – Vede non ci sono i guanti.
Il poliziotto si avvicinò, sganciò la torcia dalla cintura e guardò nel bagagliaio; fece un passo indietro e rivolgendosi di nuovo a John: – La patente, per cortesia.
– Be’, un attimo… – John salì in macchina, attese qualche secondo, poi aprì il vano portaoggetti e impugnò la pistola. L’agente sentì sbloccare la sicura, ma tutto accadde in un attimo, e il colpo parti dall’abitacolo. Sentì il proiettile entrargli nell’occhio sinistro e il gusto dolce del sangue scendergli in bocca, poi, più niente.
– Ma cazzo – gridò Bill – che cosa ti è preso!
– Bestemmiaccia, quel figlio di puttana aveva capito tutto! – John era uscito dalla macchina con l’arma impugnata e pericolosamente la faceva girare nell’aria.
– Calmati John, abbassa quella pistola, non vorrai ammazzare anche me ora!
– Maledizione, in due ore ho steso due persone! proprio una giornata di merda! – disse John e parve calmarsi. Abbassò l’arma e si appoggio alla macchina.
– Dai, testa di cazzo, datti una calmata, dobbiamo toglierci da qui! – disse Bill.
– E adesso?
– Sta zitto!, accidenti, arriva un’altra macchina! – Bill afferrò per la canna l’arma, la strappò dalla mano di John e la gettò nel fiume, chiuse il portellone del bagagliaio e prese John per il colletto della camicia – Se vuoi uscire da questo non azzardarti a dire una sola parola!
– Tutto bene, signori?
Una macchina della polizia si era fermata dietro alla prima macchina della polizia. L’agente aveva una torcia elettrica e puntò la luce sul volto di John poi su quello di Bill poi sul cadavere del giovane poliziotto disteso sull’asfalto:
– Cosa succede?  continuò l’agente.
– Niente, tutto a posto agente – disse Bill.
– Che cosa fa il mio collega con il cervello mezzo fuori dal cranio? – L’agente si guardava intorno. Era giovane, magro in volto, capelli corti sotto il berretto, forse un po’ di rossetto sulle labbra.
– E’ per via della macchina del suo collega – disse Bill – era qui ferma, e poi abbiamo visto il corpo a terra…
– Di chi è questa macchina? – chiese l’agente.
– E’ del signore qui… – disse Bill – stavamo rientrando a casa.
Il poliziotto si avvicinò a John: – Bene, lei mi faccia vedere la patente, e lei – rivolgendosi a Bill: – Apra il bagagliaio della macchina. – Ma certo signore agente, volevo vedere se c’era una coperta. Sa, il suo collega è ridotto piuttosto male.  Bill riaprì il portellone: – Vede non c’è nessuna coperta – aggiunse Bill.
Il poliziotto puntò la torcia nel bagagliaio, fece un passo indietro e rivolgendosi di nuovo a John: – La patente!
– Be’, un attimo… – John, attese qualche secondo, poi, infilò la mano in una tasca laterale del cappotto e impugnò la pistola. L’agente sentì sbloccare la sicura, e il colpo partì da pochi centimetri da lui. Sentì il proiettile entrargli nella bocca e il tiepido sangue scendergli dal naso, poi, più niente.
– Cazzo! – disse Bill.
– Quel figlio di puttana! – disse John agitando l’arma in aria.
– Dai, testa di cazzo, dammi la pistola! – disse Bill.
– Tre morti! che giornata! – disse John e si appoggiò alla macchina.
– Dammi l’arma, coglione!
John passò la pistola a Bill.
– Cosa facciamo?
– Zitto!–  disse Bill – una macchina! – Bill gettò la pistola nel fiume, chiuse il bagagliaio e prese John per il colletto: – Niente cazzate!

 

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